domenica 12 agosto 2012

La controreplica di Antonio Carioti

Riceviamo e volentieri pubblichiamo la controreplica di Antonio Carioti (qui la replica di Ferruccio Capelli alla recensione del 31 luglio scorso sul Corriere) nell'intento di far crescere il dibattito intorno ai temi di cui si tratta.

Purtroppo quando lo spazio è esiguo, come capita sui quotidiani, si finisce per usare espressioni tagliate con l’accetta. Ammetto quindi che la formula “una disastrosa regressione di portata mondiale” non corrisponde perfettamente al panorama più complesso che Ferruccio Capelli traccia nel suo libro circa gli eventi dal 1980 ad oggi. Resta però che il suo giudizio è duramente negativo: non dimentichiamo che l’espressione “rivoluzione passiva”, da lui adottata, venne usata da Antonio Gramsci per definire il fascismo. Resta anche il mio dissenso su tre punti, che espongo rapidamente. 1. L’ascesa di Paesi come l’India e la Cina, che ha visto centinaia di milioni di persone uscire dalla povertà, dimostra che la liberalizzazione dei mercati a livello globale ha anche effetti positivi: per i cinesi i “trent’anni d’oro” (nonostante Tiananmen) sono quelli ora alle nostre spalle, non certo il periodo 1950-80, che portò a quel Paese guerra (in Corea), carestie bibliche, epurazioni e ondate di fanatismo distruttivo. 2. A meno di voler credere alla propaganda di Berlusconi, è improprio definire “liberista” il centrodestra italiano, che ha svolto invece una politica corporativa e clientelare: in Italia le privatizzazioni e le liberalizzazioni sono state quasi tutte opera del centrosinistra o di governi “tecnici” invisi al Cavaliere. 3. La critica più o meno “indignata” al neoliberismo, in cui peraltro eccelle Giulio Tremonti, non è un fenomeno recente, visto che la stessa espressione “pensiero unico” è stata coniata da Ignacio Ramonet 17 anni fa: se finora essa ha prodotto soltanto le “tracce” di cui parla Capelli, è perché ha una natura prevalentemente protestataria (del tutto legittima, s’intende), che la rende inadatta a fornire indicazioni praticabili per rimediare alla crisi attuale.
Antonio Carioti, 11 agosto 2012

1 commento:

  1. Penso che l'indignazione, più che fornire "indicazioni praticabili", sia piuttosto un sentimento orientato in un mondo del tutto disorientato e passivizzato. Non c'è pratica politica possibile, credo, con soggetti-cittadini ridotti a macchine per il consumo di oggetti, privi di valori di riferimento, atoni e senza desiderio.L'indignazione è quantomeno un segno di vita e di reattività, di presenza nel sociale in un mondo di soggetti passivizzati. In questo senso ho letto "il giusto" dell'indignarsi di cui parla Ferruccio Capelli.
    Marisa Fiumanò

    RispondiElimina