venerdì 9 maggio 2014

Enrico Berlinguer. A trent’anni dalla scomparsa


Enrico Berlinguer ha lasciato un’eredità non semplice. Egli ha guidato per quindici anni un partito politico destinato, cinque anni dopo la sua morte, a decidere il proprio scioglimento. Il suo nome, inoltre, è legato a una strategia politica, il compromesso storico, assai contrastata e che non ha raggiunto i suoi obiettivi. Eppure, a trent’anni dalla scomparsa, Berlinguer viene ricordato e studiato con stima e rispetto, più di ogni altro uomo politico di questo dopoguerra. Su Berlinguer sono usciti a più riprese raccolte di scritti e di testimonianze, alcuni studi impegnativi e ultimamente nelle sale cinematografiche è apparso anche un film che ne ricorda la vicenda umana e il percorso politico.

La ragione di questa attenzione sta, probabilmente, nel fatto che la figura di Berlinguer si identifica con una stagione politica in cui la sinistra ha saputo suscitare grandi speranze ed emozioni. Gli anni Settanta hanno rappresentato il punto più alto dell’influenza politica, elettorale e culturale della sinistra italiana: una stagione di partecipazione e di conquiste sociali e civili cui, nei decenni successivi, ha fatto seguito un declino lento ma inarrestabile. Per più generazioni il nome di Berlinguer, probabilmente, evoca passioni politiche intense e poi non più ritrovate, speranze vivissime perse per strada e trasformatesi con il tempo in amare disillusioni. Insomma il nome di Berlinguer sembra associarsi al tema di una struggente, e non immotivata, nostalgia.

In realtà Berlinguer merita anche altre riflessioni.

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